L’uguaglianza di genere è uno degli Obiettivi di Sviluppo dell’Agenda 2030 dell’Onu che sembra connesso in maniera diretta ad un altro Obiettivo ovvero il 10 per Ridurre le disuguaglianze, ma anche a tutti gli altri trasversalmente. Perché?

Perché la disparità è uno dei maggiori ostacoli allo sviluppo sostenibile, a una crescita economica sana sostenibile robusta nonché anche uno dei maggiori ostacoli nella lotta contro la povertà. E quindi intervenire per promuovere l’uguaglianza di genere e l’empowerment delle donne consente di ridurre una serie di condizioni di squilibrio economico e sociale presenti nella società. Non dimentichiamo che l’empowerment consente di riequilibrare la presenza nell’ambito del mercato del lavoro ma anche di fornire forza creatrice, risorse intellettive e relazionali, competenze allo sviluppo dei territori… Vuol dire appunto dare la possibilità ad una importante fetta della popolazione di poter manifestare quelle che sono le potenzialità e la ricchezza di questi soggetti. Si tratta quindi un tema economico ma anche sociale e umano.

Pari Opportunità e cooperative nel Lazio: qual è la situazione attuale?

La presenza delle donne incide fortemente nella cooperazione sociale: parliamo di un dato che si attesta intorno al 70% di presenza femminile. Abbiamo invece un 40% negli altri comparti. A livello di cooperazione nel Lazio dobbiamo quindi lavorare sull’inserimento in determinati settori che sono a prevalenza maschile. Allo stesso tempo, se osserviamo i dati di presenza negli organi di governo e nei ruoli in funzione di vertice dirigenziale e di responsabilità non c’è una proporzionale rappresentanza. Resta il problema dei percorsi di carriera, della partecipazione alla governance in ambito aziendale ma anche nel movimento cooperativo. Molto spesso sono questioni che si collegano da un lato a dimensioni di tipo culturale, e quindi alla permanenza di uno stigma che preclude alle donne determinati percorsi, ma anche al problema delle modalità dell’organizzazione del lavoro e alla sempre non esaustiva presenza di servizi di conciliazione.

Cosa fare, dunque?

Lavorare sull’ importante azione di informazione e di sensibilizzazione per superare quelli che sono gli stigma culturali che non riguardano solo la componente maschile ma spesso anche femminile che si vede inserita e collocata in determinati ruoli. Bisogna continuare ad agire sul piano culturale soprattutto attraverso la formazione per favorire l’inserimento di donne a determinati livelli. Bisogna offrire supporto a singole cooperative e aziende perché se si vuole affrontare il tema delle Pari Opportunità non come accessorio ma rilevante per garantire uno sviluppo sostenibile delle organizzazioni è importante che siano esse stesse a capirne l’importanza. E bisogna informare e formare anche dal un punto di vista normativo: la Regione Lazio è stata una delle prime a legiferare sulla parità retributiva e  a inserire una serie di criteri di premialità per aziende con modelli in cui sono previste le pari opportunità. Quindi formare e accompagnare le aziende dal punto di vista dei modelli di gestione del lavoro per portare le organizzazioni a ripensarsi in chiave inclusiva è fondamentale. Bisogna poi intervenire sulla conciliazione e sui tempi di vita e di lavoro: come rappresentanti del settore cooperativo sarebbe interessante promuovere dei progetti anche di messa in rete e costruzione di servizi atti a favorire la conciliazione oltre alla diffusione di buone pratiche di conciliazione. Interessante poi lavorare sulla promozione di una cooperazione al femminile, andando a fare un lavoro sulle donne disoccupate o con difficoltà di inserimento lavorativo.

Come hai accolto la nomina a referente delle Pari Opportunità di Legacoop Lazio?

Con grande piacere e senso di responsabilità perché per Prospetti è un tema fondamentale e quindi contribuire alla promozione di questi valori è parte dei nostri principi fondanti. Avere oggi questo onere sicuramente vuol dire anche portare avanti con continuità il lavoro che è stato avviato dalla precedente referente, Anna Vettigli, e dare continuità a tutte le riflessioni e i lavori avviati. Credo che il tema debba essere parte centrale nelle politiche e nelle azioni di sviluppo sia a livello istituzionale e centrale ma ancor di più a livello territoriale fino al livello organizzativo. Quindi il tema delle Pari Opportunità inteso non solo in chiave di genere ma nelle sue varie dimensioni è oggi una delle leve fondamentali per garantire uno sviluppo sostenibile delle organizzazioni e dei territori in cui viviamo.

Alle spalle, una lunga esperienza professionale e solo di recente la costituzione della cooperativa Prospetti insieme ad altre due socie

Sì, è una scelta quella di promuovere la nascita di una cooperativa alla quale sono approdata dopo quasi 15 anni di attività professionale proprio nei campi dell’economia aziendale applicata alle tematiche dello sviluppo sostenibile, della responsabilità sociale di impresa e della consulenza nello sviluppo di progettazioni di sostenibilità. Si è trattato di un percorso caratterizzato da una attività di collaborazione con società di consulenza, enti pubblici e privati e contestualmente da un percorso accademico che mi ha visto appunto collaborare con università e centri di ricerca e portare avanti  un dottorato nei temi dell’economia aziendale applicati alla PA e al terzo settore. Oggi ho quasi venti anni di esperienza e ho sempre cercato di curvare le mie conoscenze e competenze alla promozione di modelli aziendali e di territorio a quello che oggi ormai è diffusamente noto come sviluppo sostenibile.

Perché una cooperativa tutta al femminile?

E’ frutto di una valutazione congiunta con altre due professioniste che ci ha visto sicuramente identificare nella impresa cooperativa una formula che potesse valorizzare il nostro ruolo di socie e imprenditrici ma anche di lavoratrici con competenze, passioni, conoscenze e esperienze che potevamo mettere insieme e proporre sul mercato. Tutta al femminile, dunque, perché volevamo dare forza e visibilità alla passione all’esperienza e alla competenza di donne che da sempre lavorano anche con riconoscimenti della qualità, affidabilità e della competenza di noi socie.

Quanto è stato difficile farvi riconoscere come interlocutrici competenti, affidabili, skilled in un mondo imprenditoriale che sul piano manageriale è dominio quasi esclusivo degli uomini?

Sicuramente lavorare nel campo della consulenza aziendale non è stato semplice così come non lo è stato farsi riconoscere come soggetti competenti e come manager cui spettano le decisioni. Molto spesso quando si andava con i colleghi uomini a conoscere nuovi clienti, i colleghi erano sempre dottori e noi donne le signore. Ci si rivolgeva sempre prima al collega uomo, anche se avevamo pari competenza e esperienza. In più devo dire che nella mia carriera ha inciso più di un fattore: da un lato il fatto di essere donna e dall’altro di essere giovane ha sempre richiesto una doppia fatica. Come se bisognasse essere sempre sottoposte ad un test. Negli ultimi anni vista l’età e l’esperienza riscontro minor diffidenza nella figura femminile che si propone come manager, come presidente, come dirigente, però vero è che penso ci sia ancora molto da fare soprattutto nel campo della consulenza. E’ sempre più popolato da donne ma è un campo che, anche per modalità di lavoro e per gli orari, è sempre un settore molto maschile in quanto ha modelli e approcci che derivano da una modalità maschile di impostazione del lavoro. C’è molto da fare. Noi con il nostro modello di lavoro cooperativo in cui mettiamo al centro la conciliazione, la persona e le esigenze, stiamo cercando di cambiare questo approccio.