Da dove inizia la sua storia come cooperatrice?
«Nel lontano 1987. Ero appena laureata e ancora non sapevo cosa avrei fatto da grande. Avevo una formazione giuridica e volevo trovare un lavoro che mi consentisse di usare ciò che avevo approfondito. Mi iscrissi ad un Master Post Laurea proposto dall’ente di formazione della Lega delle Cooperative per conto di Legacoop. Era un corso per dieci donne appena laureate, mille ore retribuite ai corsisti. Erano i tempi d’oro della formazione. Il corso prevedeva una attività di stage e io fui accolta da una cooperativa agricola. Al termine dello stage ricevetti una offerta: entrare a far parte dell’ente di formazione della Lega, Efeso. Decisi di accettare. Mi avevano affidato la parte giuridica e normativa legata ai bandi, alla progettazione dei corsi e a tutto ciò che riguarda gli aspetti burocratici e tecnici della formazione. E così è iniziata la mia carriera da cooperatrice».
Qual è la prima cosa che ricorda entrando nel mondo della cooperazione?
«Prima ancora di affidarmi dei compiti operativi, mi fecero fare un corso di ben tre giorni sulla storia dei primi cooperatori. Era una prassi a quei tempi, specialmente per i neoassunti che, quasi sempre, non avevano nessuna conoscenza di questo mondo. Ho sempre pensato che fosse un passaggio fondamentale. Le cooperative non sono aziende come tutte le altre, condividerne sin dall’inizio i valori e la filosofia è costruire le fondamenta per la longevità. Purtroppo, questa buona pratica si è perduta e ora chi entra in una cooperativa non percepisce la differenza con una azienda di altro genere. Vorrei ricordare anche chi mi ha fatto il corso, Gianni Bragaglia, un vero e proprio maestro per me insieme ad altri che hanno accompagnato la mia vita lavorativa: Flavio Casetti, Bruno Carioli, Lucio Nardi, Guglielmo Russo, Valdes Onofri».
Come era l’ambiente delle cooperative quando ha iniziato?
«Era una cooperazione molto più ricca di quanto non sia ora ma molto amichevole e tutto era utile per parlarsi, anche per confrontarsi dei problemi che c’erano all’interno di qualche cooperativa. Negli anni ’90 l’ambiente era più tranquillo e certamente più in relazione, faccio riferimento in particolare alle relazioni tra cooperative, era un periodo di dialogo. Cosa che mi ha dato modo di conoscere molte persone e molte società con le quali, negli anni, ho continuato ad avere rapporti di conoscenza e, spesso, anche di amicizia, al di là del lavoro che svolgevo. Prima di lasciare definitivamente il mio incarico, sono andata ad incontrare molti di loro. Il complimento più bello che porto con me è questo: “con te abbiamo imparato a fare formazione».
Quali sono i progetti che le hanno dato maggiore soddisfazione?
«Non mi sono occupata solo di formazione, anche se era gran parte del mio lavoro. In quegli anni c’erano meno opportunità ed era necessario sapere come fare progetti finanziati. Io ho creato un metodo che poi è stato acquisito da tante cooperative. Ho sempre avuto modo di seguire i progetti di pari opportunità, sperimentando anche questa parte. Abbiamo realizzato una attività di job sharing all’interno di Formula Servizi, in cui una mansione era condivisa da due donne su due turni. Abbiamo creato un percorso di conciliazione insieme al Comune di Forlì tra uomo e donna all’interno della famiglia che poi è diventato un progetto stabile per i percorsi di nascita, “Gioco di squadra”. Abbiamo creato dei progetti per il benessere aziendale con particolare attenzione all’alimentazione sana insieme a Formula Servizi e Formula Ambiente. La cooperazione è stata una fucina di sperimentazione. In generale ho vissuto tante esperienze, anche all’estero. E ho imparato altre realtà. Sono stata per 8 anni presidente del consiglio di zona di Coop Alleanza 3.0. Anche questa è stata una bellissima esperienza, rappresentavo la coop sul territorio, i soci si rivolgevano a me per vari progetti. Si sponsorizzavano iniziative sul territorio, per esempio il torneo di tennis per disabili, una bella esperienza di vita».
Come è cambiata la formazione in questi anni?
«Intanto con l’uso della tecnologia. Ho cominciato a progettare con la macchina da scrivere e solo in Sapim ho imparato ad usare il Mac. Inoltre, è cambiato il modo di progettare: le linee della Regione sono sempre più precise e stringenti e non sempre le aziende riescono ad ottenere gli interventi formativi di cui hanno bisogno. Demetra, la società di formazione con cui ho collaborato per anni, ha anche il compito di fare il match tra le esigenze aziendali e i programmi disponibili. Ci sono sempre meno bandi a disposizione e le cooperative usano i fondi interprofessionali per aggiornare i propri soci lavoratori, anche quelli neoassunti. E spesso si appoggiano a Demetra anche per la ricerca e selezione del personale».
Come vede il suo futuro?
«Vado in pensione da lavoratrice, ma sarò sempre una cooperatrice. Vorrei poter trasferire questo attaccamento ai valori della cooperazione anche alle giovani generazioni». (A.C.)
fonte legacoop romagna