28 marzo 2022 “Date alle donne occasioni adeguate ed esse saranno capaci di tutto”, diceva Oscar Wilde. Se qualcuno volesse avere un’ulteriore conferma della veridicità delle parole del grande scrittore irlandese, non dovrebbe far altro che recarsi nella provincia di Oristano. Sì, perché è là che ha la sua sede la Cooperativa Allevatrici Sarde, composta da 12.430 soci (di cui l’80% donne) e in grado di generare un fatturato annuo vicino ai 12.000.000 di euro.
“Sono passati molti anni – spiega la presidente della Cooperativa Allevatrici Sarde Pieranna Calderaio – ma le ragioni organizzative, economiche e sociali, legate all’emancipazione femminile, che hanno ispirato la nascita della nostra cooperativa non sono mai venute meno. I nostri valori, pur all’interno di un processo evolutivo, sono rimasti gli stessi. Il consolidamento delle specificità della Cooperativa Allevatrici Sarde, della sua storia, del suo ruolo e della sua presenza sul territorio passa attraverso l’ammodernamento dei punti vendita e il continuo miglioramento dei processi di gestione amministrativa e commerciale”.
Tradizione e innovazione continua, insomma. “E credo – prosegue la presidente della CAS – che questo abbia pesato sul sostegno che Coopfond ci ha offerto quando, alla fine del 2021, abbiamo concluso un’operazione di fusione per incorporazione con la Cooperativa Campinadese di Marrubiu. Il piano di integrazione ha trovato la sua giustificazione nella razionalizzazione dei costi di gestione e nel potenziamento dell’area commerciale e il Fondo ha aderito all’iniziativa attraverso l’attribuzione di strumenti finanziari partecipativi, diversi dalle azioni, per 400.000 euro”.
Costituita nel 1962, dopo un intenso lavoro di sensibilizzazione rivolto al mondo rurale, soprattutto femminile, la Cooperativa Allevatrici Sarde ha iniziato il suo cammino configurandosi come una cooperativa di produzione e lavoro formata da sole donne, in grado di dare alle socie la possibilità di contribuire al reddito familiare grazie alla creazione di un piccolo allevamento avicolo.
“Sin dai primi anni – dice ancora la presidente Calderaio – la cooperativa ha visto espandere la propria attività per un insieme di fattori, tra cui la mancanza di concorrenza nel settore, l’originalità dell’iniziativa che ha coinvolto in prima persona le donne e l’interesse di alcune delle personalità locali più dinamiche. Alla fine degli anni Sessanta poi la nostra azienda, complice anche la perdita di ‘significato’ economico dei piccoli allevamenti, si è trasformata in una cooperativa di consumo, aprendo i primi punti di vendita e vedendo crescere il numero di socie e il volume d’affari, soprattutto per la funzione calmieratrice, relativamente ai prezzi, che svolgeva nel mercato locale”.
Tra gli anni Novanta e i primi anni del Duemila la cooperativa di Santa Giusta ha intrapreso la strada della patrimonializzazione, costruendo la propria sede centrale (con annesso magazzino) e realizzando alcuni punti vendita e uno stabilimento di produzione di prodotti legati alla panetteria, alla pasticceria e alla pasta fresca. L’attività di distribuzione commerciale dell’azienda sarda ha subito, col tempo, una sostanziale modifica: partita facendo leva su una funzione calmieratrice del mercato, si è dovuta trasformare e confrontare con i competitor (centri commerciali ed hard discount con gestioni e marketing sempre più aggressivi), continuando comunque ad ottenere buoni risultati di vendita e di bilancio.
Oggi la Cooperativa Allevatrici Sarde, che può contare su 89 dipendenti, esercita la propria attività attraverso 26 pdv (venticinque in altrettanti paesi della provincia di Oristano e uno situato nella provincia di Nuoro). Fino al 2015 le funzioni di vendita erano affidate alle socie, chiamate “segretarie”, che venivano elette annualmente dalla socie iscritte alla sezione del paese. Le segretarie elette nei paesi e preposte alla conduzione e gestione del punto vendita erano rieleggibili e avevano con la cooperativa un contratto di associazione in partecipazione. Una vera e propria forma di democrazia partecipativa venuta meno con l’introduzione del Jobs Act.
“Con i nostri ventisei pdv – continua la Calderaio – svolgiamo sul territorio una funzione di presidio economico per i piccoli centri sempre più spopolati. Il nostro format commerciale corrisponde ai negozi di vicinato, unitamente al servizio offerto dal “negozio sotto casa”. La nostra forza sta nella mutualità che ci permette di operare e di dare un servizio ai soci anche nei centri meno performanti. Basta fare un esempio: nel 2020, pur con tutte le difficoltà operative del momento pandemico, la cooperativa, grazie alla sua capillarità, ha prestato massimo supporto ai soci. In particolare, durante la fase del lockdown, abbiamo continuato ad operare anche nei piccoli paesi, che altrimenti sarebbero rimasti isolati, garantendo la spesa quotidiana e rispondendo prontamente ai rapidi cambiamenti richiesti dalla situazione eccezionale. E il nostro impegno sta continuando, attraverso una politica di sostegno nei confronti dei soci e dei clienti che, con la chiusura di molte attività, si sono trovati ad affrontare un periodo di ristrettezze economiche. In più, stiamo cercando di interagire con le amministrazioni comunali dei paesi dove siamo presenti per promuovere alcuni progetti che limitino lo spopolamento dei piccoli centri rurali, favorendo la costituzione di cooperative di comunità”.
Ma ancora non basta. La cooperativa sarda è impegnata a portare avanti un progetto sociale, atto ad individuare i giusti canali di comunicazione e divulgazione, rivolti soprattutto ai più giovani, per dar conto della storia e dei valori che dal 1962 la contraddistinguono. Un programma articolato che dovrebbe coinvolgere i soci con iniziative mirate alla valorizzazione del ruolo femminile, per stimolare un nuovo senso di appartenenza e affiliazione all’azienda di Santa Giusta, a garanzia di un ricambio generazionale. Forse il tutto potrebbe cominciare, ricordando un anno, e precisamente il 1977, quando la Cooperativa Allevatrici Sarde, sempre alla ricerca di progetti che contribuissero all’emancipazione femminile, diede il via ad un’attività fino ad allora sconosciuta in Sardegna: l’agriturismo. Fu una scommessa che, ancora una volta, le socie fondatrici decisero di intraprendere nel tentativo di trovare sbocchi occupazionali per le donne e che si protrasse, con successo, per molti anni.
FONTE COOPFOND